L'interpretazione nel progetto architettonico.

Caro lettore, sono giorni un po’ particolari per tutti. Per questo è ancora più importante guardare al futuro, cercando di essere positivi. Con questo spirito la nostra redazione vuole, nel suo piccolo, contribuire a guardare avanti.

Siamo così arrivati al secondo anno! Ebbene per iniziare al meglio questo “viaggio virtuale” all’insegna della progettazione sostenibile, ci sono state aperte le porte del noto studio milanese PARK ASSOCIATI.

Ci accompagnerà in questo “percorso” l’arch. Filippo Pagliani, fondatore e partner di PARK ASSOCIATI. Con lui vedremo insieme il concetto di Evoluzione Adattiva, e come questo si traduce concretamente nell’attività di progettazione dell’intero team dello studio.

Lascio dunque la parola all’architetto Pagliani.

“In questi anni di attività dello studio posso dire che il nostro approccio alla progettazione legato agli aspetti della sostenibilità è stato predominante. Abbiamo cercato di analizzare il concetto di Evoluzione Adattiva, come fenomeno che può descrivere un processo o un metodo nella progettazione che possa portare ogni volta a delle interpretazioni sostenibili proprio del progetto. Abbiamo pensato che il tema legato all’evoluzione della specie, ci permette una sorta di parallelismo tra quello che è stata l’evoluzione naturale e la capacità di adattamento delle specie e della specie umana nei confronti dell’ambiente, e di capire come questo adattamento tutto sommato ha risolto sempre delle situazioni di evoluzione/evolutive da un punto di vista di quella che possiamo definire quasi architettura dello scheletro, in questo caso dello scheletro umano. Questa capacità quindi dell’uomo di adattarsi a delle situazioni climatiche esterne, per trasformare il suo comportamento in qualche cosa di diverso che possa migliorare le condizioni di vita.

L’ambiente che più di tutti è rappresentativo di quello che è la vita dell’uomo e come l’uomo si confronta con l’ambiente è la casa.

Come sappiamo la casa rappresenta il riparo, diventa una sorta di forma ancestrale di quello che è il guscio protettivo nei confronti dell’ambiente, e questo riparo si evidenzia attraverso delle forme molto semplici che dalla grotta fino alla semplice capanna, hanno permesso all’uomo di proteggersi.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Borneo

In questa analisi abbiamo cercato di identificare tutta una serie di progetti che intendiamo come una sorta di “intelligenza collettiva” delle forme intuitive da parte dell’uomo. Queste hanno permesso di interpretare l’ambiente e di adattare degli elementi tipici (es. i siti, i luoghi e i materiali a disposizione), interpretandoli attraverso “l’intelligenza collettiva” per risolvere varie problematiche.

Abbiamo degli esempi di isolamento classico, oppure delle invenzioni legate a semplici espedienti come la palafitta. Questa ha permesso di staccarsi da quegli elementi che di colpo possono diventare molto scomodi per la vita ma che allo stesso tempo non li negano, come può essere l’acqua. La palafitta è stata una grande invenzione per cercare di risolvere quella che era una problematica ambientale.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Islanda e Cambogia

Venendo più vicini a noi, basti pensare ai dammusi a Lampedusa, dove la pietra lavica viene reinterpretata per proteggersi dall’impatto del sole che era assolutamente insostenibile. Andando all’opposto, l’igloo rappresenta la capacità dell’uomo di utilizzare l’unico materiale a disposizione, ovvero il ghiaccio, per creare la propria protezione…il proprio guscio!


Fonte – PARK ASSOCIATI – Pantelleria e Polo Nord

Queste forme di intelligenza collettiva ci hanno permesso di andare verso delle interpretazioni di intere città: un esempio ci è dato dal Pakistan, dove le torri del vento rappresentano un po’ il paesaggio complessivo dell’ambiente di una città.

Perché queste immagini e questa introduzione? Tutto questo per farvi comprendere o per cercare di raccontare quella che è la nostra interpretazione al concetto introdotto inizialmente di “evoluzione adattiva”.

Ovvero la capacità dell’uomo, la capacità nostra come progettisti, di interpretare l’ambiente e di leggere quelli che sono gli elementi esterni e trasformarli in una interpretazione, di quelle che possono essere le cause ambientali esterne, per migliorare le condizioni di vita. Partendo da un dato processo cercherò di raccontarvi il nostro atteggiamento progettuale che, vede la pianta e il sistema a terra dell’edificio, la porzione in verticale, in una sorta di processo ascensionale, per raccontare quelli che sono tre ambiti che ci portano ad identificare quella che noi chiamiamo evoluzione adattiva.


Fonte – PARK ASSOCIATI

Il primo processo riguarda il sistema a terra del nostro edificio. La parola che usiamo di più in questo caso è “ascolto”. L’ascolto di tutto quello che c’è attorno all’edificio, tutto quello che c’è attorno alla vita dell’edificio! L’ascolto in senso lato, può essere anche quello che prestiamo ai nostri clienti e agli input che ci vengono dati, così come all’ascolto dell’ambiente circostante. Per comprendere quello che fino ad ora ho raccontato con le parole, vi presenterò un esempio concreto.

A Bolzano abbiamo avuto la fortuna di poter realizzare un progetto che ritengo emblematico per la crescita dello studio. L’edificio della Salewa nasce proprio dall’idea di apertura. È un edificio che ha una b-faccialità, si apre secondo due codici:

  • Il primo è una sorta di grande abbraccio verso il centro della città;
  • Il secondo rappresenta l’apertura verso la natura, le montagne e il paesaggio.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Salewa Headquarters – Bolzano


Fonte – PARK ASSOCIATI – Salewa Headquarters – Bolzano


Fonte – PARK ASSOCIATI

Riprendendo il concetto di evoluzione, arriviamo alla cortina verticale dell’edificio: vediamo il tema della pianta al piano e soprattutto dell’involucro come l’elemento più importante di questa codifica che abbiamo definito appunto “evoluzione adattiva”.


Fonte – PARK ASSOCIATI

L’involucro, definito oggi da molti professionisti come “la pelle” degli edifici, ha da sempre rappresentato per la costruzione l’elemento protettivo per eccellenza (insieme al tetto) proprio perché rappresenta la protezione del manufatto architettonico, il confine tra interno ed esterno. Questa “pelle”, in passato intesa come massa protezione totale, era il modo per tenere al di fuori le cose… Oggi l’involucro ha avuto una trasformazione radicale e questo confine tra  interno ed esterno è diventato sempre più labile, permettendo di creare una sorta di b-faccialità. Possiamo dire quindi che la costruzione contemporanea prevede una sorta di dialogo tra interno ed esterno sempre più intenso, sempre più forte!

Sotto l’immagine esprime in pieno questo concetto.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Engie Headquarters – Milano.

Questo è un edificio che noi abbiamo trasformato proprio nell’ottica di una evocazione totale ed esaltazione totale di questa trasformazione e interpretazione dell’involucro: da elemento protettivo ad elemento filtro. Possiamo dire oggi che, con la costruzione contemporanea, noi siamo in grado di rendere sempre più permeabile la vita interna agli ambienti con la città e il contesto in cui sono inseriti. La trasparenza rappresenta il vero carattere pulsante del progetto.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Salewa Headquarters – Bolzano.

Ritornando al progetto della Salewa possiamo dire che anche in questo caso siamo andati ad analizzare quella che era una sorta di necessità di un ambiente estremo, dato che Bolzano è la città più fredda e più calda d’Italia. Questo ci aveva fatto fin da subito ragionare su quelle che dovevano essere delle caratteristiche di questo edificio, e questa b-faccialità nel caso dell’involucro si è espressa attraverso una doppia superficie: una vetrata ed una in alluminio.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Salewa Headquarters – Bolzano.

L’edificio completamente esposto a Nord presenta una pelle completamente trasparente, invece i lati Est, Sud ed Ovest sono rappresentati da un intero involucro protettivo, che in realtà garantisce una massima protezione al sole.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Salewa Headquarters – Bolzano.

Questa forte attenzione in fase di progetto, oggi ci permette di dire che l’edificio in qualche modo rappresenta una macchina perfetta. Infatti non è solo un landmark territoriale ma rappresenta anche un edifico che energeticamente e dal punto di vista della sostenibilità architettonica, è stato preso ad esempio come “buona pratica” costruttiva per quello che è il mondo della costruzione sostenibile.


Fonte – PARK ASSOCIATI

In questo processo, che ci ha portato dalla pianta del piano terra fino alle parti alte dell’edificio, arriviamo al tetto. Questo, esattamente come il guscio  e la pelle che avevamo visto in precedenza, è l’altro elemento che ancestralmente rappresenta “la protezione” dell’edificio. In questa evoluzione adattiva noi crediamo che il tetto abbia subìto, e che stia subendo, una grande trasformazione in qualcosa di differente: per noi il tetto molto spesso è una sorta di emanazione del piano terra. E’ il luogo dove noi riusciamo a portare delle attività pubbliche. Così come in questo progetto di riqualificazione di un grande edifico a Roma, ci siamo immaginati addirittura che il tetto possa diventare il luogo dove poter portare delle attività ludiche in generale o attività sportive.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Edificio per uffici – Roma.

Oppure come in questo altro progetto, Gioiaotto a Milano, dove l’ultima superficie dell’edificio è diventato un luogo di trasformazione di quelle che erano le attività all’interno degli spazi di un edificio che è destinato per metà ad albergo e per metà ad uffici: il tetto diventa anche in questo caso una sorta di connessione diretta con quelle che sono le attività dello spazio pubblico.


Fonte – PARK ASSOCIATI – Gioiaotto – Milano.

Abbiamo fatto una breve carrellata su una parte delle nostre architetture per raccontare il nostro metodo e per dire che oggi, attraverso l’evoluzione adattiva, noi siamo in grado di ragionare tutto sommato su delle architetture sempre in modo naturale, esattamente come le architetture che abbiamo visto all’inizio. Vorremmo che il concetto di sostenibilità diventasse un concetto automatico nella progettazione: non deve essere più una parola eccezionale ma deve essere una parola insita nel processo del progetto. Non può più essere usata e abusata nei termini di un elemento eccezionale. Deve essere parte intrinseca a partire dal mondo delle università fino ad arrivare al mondo delle costruzioni.

Vorrei chiudere questo nostro racconto, lasciando a voi lettori uno spunto di riflessione:

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