Antropocene e cambiamenti climatici

Il cambiamento climatico è già in atto e forse è il problema più ampio e più vasto di cui sentiamo parlare oggi.

Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana, lancia il suo grido d’allarme su quello che resterà del nostro pianeta nei prossimi cinquant’anni.

“Un ricercatore che si occupa di clima è un po’ come uno che lavora in una sala macchine di un’astronave, in questo caso il nostro pianeta, e avverte che c’è qualcosa che non funziona: abbiamo un problema con l’impianto di riscaldamento e di condizionamento!! E il problema rischia di trasformarsi in qualcosa di grave se non interveniamo in tempo. Ecco perché dobbiamo capire da dove viene questo problema e oggi, grazie a tanti anni di ricerca scientifica, si è individuato il settore che non funziona. Il fatto è che i duecento anni di rivoluzione industriale che ci hanno dato tanta prosperità e ci hanno portato alla straordinaria quantità di mezzi tecnologici di cui disponiamo, non erano gratis: hanno lasciato dei sottoprodotti negativi, in particolare i residui della combustione del petrolio, del carbone e dei gas, che hanno aumentato i gas a effetto serra. Ma non sono i soli. Ci sono anche tanti altri fattori inquinanti a partire dai residui dell’insieme di quelle risorse che noi preleviamo dal pianeta, insomma tutto ciò che usiamo (da un legno in una foresta ai pesci che peschiamo in un oceano, i minerali che estraiamo e i rifiuti che reimmettiamo dopo nell’ambiente).

Fino al 1970, con un mondo che era popolato da tre miliardi e mezzo di persone, la metà di quelle che ci sono oggi (ci aggiriamo, infatti, attorno ai sette miliardi e mezzo), c’era ancora un certo equilibrio con gli interessi della natura: si prelevava nell’arco dell’anno e il primo gennaio ripartiva la riproduzione della natura dell’anno successivo. Purtroppo abbiamo continuato con una crescita smodata, senza tener conto degli allarmi che già in quegli anni i miei predecessori avevano segnalato all’umanità e il risultato è che oggi consumiamo una terra e mezza. La mezza terra è tutto ciò che non ci sarà più per le generazioni future ed è anche l’eredità scomoda dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento, dell’estinzione di specie che lasciamo al futuro.

 

Se non vogliamo arrivare alla bancarotta della natura, cioè a un mondo in cui la popolazione aumenta sempre più, i consumi e gli inquinamenti ancor di più, dobbiamo cambiare, oggi, percorso, dobbiamo rientrare all’interno dei limiti fisici dell’unico pianeta che abbiamo.

Se continuiamo a crescere verso i tre pianeti che sono previsti come necessità fisica della nostra avidità di specie, attorno al 2050 la natura farà bancarotta e i danni potrebbero essere irreversibili, soprattutto per le generazioni future.

Temperatura media globale:+1°C in più nell’ultimo secolo

Sappiamo che la temperatura è aumentata nel pianeta di circa un grado nell’ultimo secolo e la maggior parte di questo aumento termico è molto recente. Questo aumento si impone con una straordinaria forza negli ultimi trent’anni, perché il 2016 è stato l’anno più caldo nella storia, preceduto dal 2015, preceduto a sua volta dal 2014. Se non facciamo nulla nella nostra economia per ridurre i consumi di materiali fossili, rischiamo entro il 2100 di avere cinque gradi in più. È veramente un aumento importante che modificherà la geografia del pianeta, perché, tra l’altro, aumenteranno anche i livelli dei mari poiché i ghiacci fondono, soprattutto quelli della Groenlandia, dell’Antartide, ma anche quelli delle Alpi e di tutte le altre catene montuose e questo potrebbe causare con cinque gradi in più l’aumento del livello del mare di oltre un metro. Andrà sott’acqua Venezia e il Delta del Po’; la Florida, Miami, per non parlare di tutte le zone costiere dell’Asia, il Bangladesh, parti della Cina e questo metterebbe in moto enormi movimenti migratori.

Ghiacciaio Pré de Bar (Monte Bianco: ritiro della fronte di oltre 800 m dal 1897 al 2015)

Qual è la causa ormai lo sappiamo: è la Co2, l’anidride carbonica e il biossido di carbonio di origine fossile. Di Co2 c’è n’è tanta nel pianeta. Una parte le piante la prendono dall’aria nel ciclo della fotosintesi. Noi mangiamo un panino al salame e in quel panino non c’è altro che quel carbonio che noi usiamo per vivere e poi lo restituiamo respirando, è un ciclo chiuso: quello che entra esce e ritorna dov’era prima. Liberando il carbone, il gas e il petrolio che stavano sotto terra da milioni di anni, abbiamo aggiunto una notevole quantità di Co2. Attualmente sono 36 i miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, che vanno nell’atmosfera e che quindi ne cambiano la composizione chimica arrivando a quattrocento parti per milione, che sono un numero straordinario, il che vuol dire una quantità di Co2 nell’aria che non si rilevava da almeno ottocentomila anni. Tutto questo lo sappiamo attraverso i carotaggi dei ghiacci che sono stati effettuati al polo sud, dove bollicine di aria fossile, incluse dentro il ghiaccio antico, analizzate in laboratorio, ci dicono che il massimo assoluto di Co2 nell’aria in ottocentomila anni si è toccato una volta sola attorno a trecentomila anni fa con il valore di 300 parti per milione. Quindi da trecento a quattrocento è tutta roba nostra. Il danno è recente, è il cambiamento recente dell’atmosfera terrestre che come effetti ha l’aumento della temperatura, perché la Co2 è il principale gas a effetto serra che svolge un po’ la funzione di una coperta chimica che scalda il pianeta.

Livello CO2 nel tempo

Le simulazioni matematiche del clima, che ormai vengono fatte da oltre cinquant’anni circa, sono diventate veramente affidabili e, pur nell’incertezza di prevedere il futuro, ci dicono almeno cosa è importante fare per scegliere almeno la traiettoria più ragionevole. Se continuiamo ad inquinare come facciamo oggi e seguiamo il grafico che ci porta ai tre pianeti nell’impronta ecologica generale della terra, noi rischiamo di avere nel 2100 un aumento di circa 5 gradi della temperatura terrestre che è veramente una catastrofe ecologica, una catastrofe soprattutto per noi, più che per la natura. La natura cambia, si adatterà, evolverà a cinque gradi in più, ma l’uomo si adatterà? La risposta è no, perché non ha la capacità di adattarsi a variazioni così rapide.

Allora per non avere questo tipo di scenario sicuramente temibile soprattutto per i più giovani e i bambini di oggi dovremmo riuscire a contenere l’aumento della temperatura terrestre al massimo entro due gradi entro la fine del secolo, è il minimo che possiamo fare. Due gradi sono meglio di cinque! Non saranno una passeggiata, perché vuol dire ancora aggiungere un grado a quello che è già salito dalla fine del 1800, ma vuol dire comunque avere maggiori capacità di adattamento e di reazione. Il protocollo firmato a Parigi nel dicembre del 2015 mira proprio questo: ridurre le emissioni per ridurre l’aumento della temperatura e anche l’aumento del livello dei mari, perché i ghiacciai che fondono fanno aumentare i mari, il riscaldamento delle acque le dilata. Attualmente gli oceani della terra crescono già di tre millimetri all’anno, ma più scaldiamo più cresceranno. Il risultato finale, se scegliamo la strada dell’aumento dei cinque gradi, la peggiore, sarà che avremo almeno un metro di oceano in più a fine secolo. Se conteniamo l’inquinamento e il riscaldamento in due gradi avremo circa mezzo metro circa di mare in più. Certo sarà sempre un problema, soprattutto per qualche zona posta a livello del mare, come Venezia, ma è un problema che possiamo maneggiare meglio rispetto a un aumento di un metro.

Il futuro della temperatura globale secondo IPCC AR5: +2 o +5°C?

Abbiamo tanti obiettivi che sono riconosciuti da tutte le organizzazioni internazionali e che da tempo sentiamo risuonare nelle nostre orecchie sotto forma di economia verde e cose di questo genere, solo che devono diventare la priorità, non devono essere degli optional, devono essere una via corale condivisa da tutta l’umanità. Si deve fare solo questo, che poi è anche l’unica cosa intelligente che possiamo fare.